Finiscono in carcere Mario Fabbrocino 52enne di San Gennaro Vesuviano, Michele La Marca 47enne di Ottaviano, Angelo Borrelli 35enne di San Gennaro Vesuviano, Michele Bonaiuto 50enne residente a Sirignano (AV), Angelo Buono 40enne residente a San Valentino Torio (SA) e Vincenzo Marano 61enne di San Gennaro Vesuviano.
Personaggio principale dell'operazione "ombra", che ha visto impegnati 80 carabinieri della compagnia di Nola guidati dal tenente Pietro Calamusa e coordinati dal capitano Gianluca Piasentin, è considerato Mario Fabbrocino, detto "maruzzo", cugino, omonimo e cognato del boss ora detenuto, avendo "o gravunaro" sposato sua sorella. L'accusa per i sei presunti affiliati al clan Fabbrocino, operante nel nolano, in particolare a San Giuseppe Vesuviano e zone limitrofe è di estorsione aggravata condotta in maniera associata ai danni di diversi imprenditori del territorio. Da segnalare, all'interno dell'organizzazione, la figura del numero 2 del clan, Michele La Marca, detto "o muzzone", considerato il braccio operativo del clan Fabbrocino. Pare, infatti, che gli imprenditori che tentavano di opporsi al pagamento del pizzo venivano condotti da lui, il quale riusciva, il più delle volte, a convincere le vittime della bontà dei pagamenti da effettuare. Le tangenti da pagare erano pari al 35-40% dell'appalto, oltre a delle rate fisse di circa 3000euro da versare per le famiglie dei detenuti a Natale, Pasqua e Ferragosto. Pare venissero risparmiati gli imprenditori che accettavano di acquistare i materiali di calcestruzzi dalla ditta "La Fortuna" di San Gennarello d'Ottaviano, sequestrata nell'Ottobre 2007 dalla DDA di Napoli in un'altra operazione anticamorra. Michele La Marca risulta essere dispoccupato, ma viveva in una villa da sogno tra Ottaviano e San Gennarello. Un fortino impenetrabile dotato di ogni comfort, dalla tv al plasma per gli Europei di Calcio , alla vasca idromassaggio, oltre al giardino curato nei minimi dettagli. Un bunker che La Marca ha costruito per trasmettere all'esterno l'idea di onnipotenza del clan a cui apparteneva. Un altro degli arrestati, Angelo Borrelli, era addirittura professore all'IPSAR di Pollena Trocchia. Una vita all'apparenza normale, senza sussulti fino all'alba di ieri, tutto casa e scuola. La notizia del suo arresto è stata accolta con stupore ed incredulità dagli alunni e dai colleghi dove insegnava. Lo stipendio da professore forse non gli bastava. E così, secondo l'accusa, aveva deciso di arrotondare a fine mese, dando una mano al sodalizio criminale. Il suo ruolo, come quello dei rimanenti arrestati, era quello di emissario del clan, cioè si presentavano sui cantieri per presentare le richieste di pizzo.
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1 commento:
Non fare spamming sugli altri blog, grazie!
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