lunedì 6 ottobre 2008

Ecco come i boss dei Casalesi sottoposti al carcere duro riescono a parlare con l'esterno!

Dopo l’applicazione, scattata lo scorso agosto per i capi storici dei Casalesi, ovvero Francesco «Sandokan» Schiavone e Francesco Bidognetti detto «Cicciotto ‘e Mezanotte», le restrizioni più pesanti del «41 bis» colpiscono altri affiliati alla cosca criminale casertana. Se per Schiavone e Bidognetti era stata una lettera di condoglianze «cifrata» (contenente l’ordine di eseguire una sentenza di morte) a chiudere ancora di più i rubinetti della già limitata libertà del 41bis, per gli altri affiliati i motivi riguardano altri metodi di «comunicazione». Che sono confluiti in una sorta di monitoraggio eseguito nelle carceri dalla Direzione nazionale antimafia e dai reparti speciali della polizia penitenziaria: si va dai messaggi sui fazzolettini per il naso, di cui è stato protagonista il boss pentito a metà Augusto La Torre, ai colloqui tra detenuti e familiari in carcere, a volte anche pentiti (come accaduto per i fratelli Luigi e Alfonso Diana) e ad altri sistemi rilevati dagli 007 dell’antimafia che sono stati usati, in alcuni casi, anche da esponenti della cosca dei Casalesi. Nella fattispecie, colloqui tra detenuti di diverse organizzazioni nel momento di socialità; passaggi accanto o sotto le finestre di reclusi con cui si vogliono scambiare notizie; consegna, da parte di un detenuto ad altro detenuto, di bigliettini scritti, facendoli passare attraverso cordicelle da una finestra di celle poste ai piani superiori rispetto a quella dell’obiettivo; biglietti nascosti dietro i termosifoni delle docce; colloqui diretti fra detenuti quando si trovano insieme in videoconferenza; messaggi a voce ai detenuti che poi vengono trasferiti ad altri penitenziari e addirittura finti procuratori legali che in aula si avvicinano alle gabbie dei detenuti; occultamento di messaggi scritti in panini morsicati e lasciati poi nella gabbia in aula; messaggi tramite agenti corrotti; simulazioni di gravi stati di salute per poter raggiungere i centri clinici dove sono più facili i contatti con familiari o medici di fiducia; fazzolettini nascosti nelle fodere degli abiti; messaggi convenzionali attraverso lettere che passano la censura del carcere. Sono alcune decine, allo stato i boss del crimine organizzato casertano ristretti da anni o, alternativamente, nei penitenziari di massima sicurezza al regime di 41 bis. Era al regime di 41 bis ma oggi è ricercato per omicidio - in quanto ritenuto del gruppo di fuoco che ha seminato terrore sul litorale domizio con le uccisioni di Domenico Noviello e Raffaele Granata (il primo titolare di una autoscuola, il secondo di uno stabilimento balneare) – anche Giuseppe Setola, presunto mandante delle estorsioni al Vassallo Park Hotel di Castelvolturno. A gennaio la Corte d’assise di Santa Maria Capua Vetere aveva mandato Setola agli arresti domiciliari per poter curare la «grave patologia retinica» che — stando a una perizia medica — l’avrebbe reso poco meno che cieco.

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