Un killer spietato e senza alcuna pietà tanto che ne parlano di lui tutti i collaboratori di giustizia del clan dei Casalesi. Vincenzo Schiavone, è il figlio di Luigi Schiavone e nipote diretto di Sandokan considerato il vero reggente di tutta la cosca da lui guidata e dei suoi otto sottogruppi
e secondo la Dda ha tutte le carte in regola per diventare un boss del calibro dello zio, ma come
tutti ha il diritto di essere considerato innocente fino a prova contraria. Vincenzo Schiavone è conosciuto nella camorra come “’o copertone” per la sua scelta di firmare gli omicidi cui partecipa dando fuoco al cadavere della vittima, accanto al quale ammassa copertoni d'auto; un'abitudine che però gli costa ustioni al volto in un'occasione. I pentiti lo identificano non solo come killer, ma anche come il contabile del clan, colui che tiene il registro degli stipendi mensili. Massimo Pannullo il 13 aprile 2004 dice ai magistrati: «’O copertone si occupa di tutto nell'organizzazione
e specialmente di estorsioni»; e poi il 16 maggio: «La contabilità e la ripartizione degli stipendi
spettanti ai vari affiliati del gruppo era tenuta dai vertici del clan, Sebastiano e Nicola Panaro
(anche questi nipoti di Sandokan, ndr.), e Vincenzo Schiavone». Analoghe dichiarazioni le fanno
Cesare Tavoletta e Luigi Diana, che in un verbale dell'11 maggio 2006 precisa che «è collegato direttamente alla famiglia Schiavone con compiti di killer e gestione della contabilità del clan. Lo stesso percepisce uno stipendio di 1500 euro mensili». Vincenzo Schiavone di Luigi inoltre è imputato di alcune estorsioni aggravate dal metodo mafioso. In particolare in danno di una persona non identificata legata per motivi di parentela a Benedetto Di Caterino e a Salvatore Di Caterino. I pm ritenevano in particolare sussistenti una pluralità di convergenti elementi documentali idonei a dimostrare che Vincenzo Schiavone di Luigi nella qualità di materiale esecutore del reato e Panaro Nicola quale mandante ed organizzatore, costringevano un soggetto non identificato a versare loro varie somme di denaro a titolo estorsivo.
e secondo la Dda ha tutte le carte in regola per diventare un boss del calibro dello zio, ma come
tutti ha il diritto di essere considerato innocente fino a prova contraria. Vincenzo Schiavone è conosciuto nella camorra come “’o copertone” per la sua scelta di firmare gli omicidi cui partecipa dando fuoco al cadavere della vittima, accanto al quale ammassa copertoni d'auto; un'abitudine che però gli costa ustioni al volto in un'occasione. I pentiti lo identificano non solo come killer, ma anche come il contabile del clan, colui che tiene il registro degli stipendi mensili. Massimo Pannullo il 13 aprile 2004 dice ai magistrati: «’O copertone si occupa di tutto nell'organizzazione
e specialmente di estorsioni»; e poi il 16 maggio: «La contabilità e la ripartizione degli stipendi
spettanti ai vari affiliati del gruppo era tenuta dai vertici del clan, Sebastiano e Nicola Panaro
(anche questi nipoti di Sandokan, ndr.), e Vincenzo Schiavone». Analoghe dichiarazioni le fanno
Cesare Tavoletta e Luigi Diana, che in un verbale dell'11 maggio 2006 precisa che «è collegato direttamente alla famiglia Schiavone con compiti di killer e gestione della contabilità del clan. Lo stesso percepisce uno stipendio di 1500 euro mensili». Vincenzo Schiavone di Luigi inoltre è imputato di alcune estorsioni aggravate dal metodo mafioso. In particolare in danno di una persona non identificata legata per motivi di parentela a Benedetto Di Caterino e a Salvatore Di Caterino. I pm ritenevano in particolare sussistenti una pluralità di convergenti elementi documentali idonei a dimostrare che Vincenzo Schiavone di Luigi nella qualità di materiale esecutore del reato e Panaro Nicola quale mandante ed organizzatore, costringevano un soggetto non identificato a versare loro varie somme di denaro a titolo estorsivo.
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