Ci sono in giro troppi collaboratori di giustizia e le accuse sono circostanziate e precise. Per questo boss e affiliati al clan Lo Russo hanno deciso di scegliere di essere processati con il rito abbreviato. Un autogol o una scelta processuale sensata? Lo dirà solo il giudice per le indagini preliminari che alla fine di ottobre sarà chiamato a giudicare i ras di Miano. Alla sbarra ci sono Salvatore Lo Russo, Antonio Lo Russo, già condannato all’ergastolo per l’omicidio dell’ambulanza, Raffaele Perfetto, Luigi Pompeo, l’unico a non aver scelto il rito abbreviato, Massimo Tipaldi, anch’egli condannato per il duplice omicidio Manzo-D’Amico e Giovanni Penniniello, finito sotto accusa nel blitz che coinvolse il consigliere regionale Roberto Conte. Nel corso dell’udienza preliminare ha depositato nuove accuse contro i presunti padrini di Miano che hanno comunque
il diritto di essere considerati innocenti fino a prova contraria. Contro di loro le ricostruzioni fatte da Vittorio La Sala ex affiliato al clan Torino del rione Sanità, Maurizio e Antonio Prestieri, collaboratori di giustizia di Secondigliano prima affiliati al clan Di Lauro e poi agli scissionisti. Contro gli indagati c’erano già le ricostruzioni fatte dai collaboratori di giustizia del clan Misso: Giuseppe “’o chiatto”, suo zio Giuseppe “senior”, Emiliano Zapata e Michelangelo Mazza. Alla lista probabilmente si aggiungeranno anche le accuse di Salvatore Torino. Nessuno di loro sarà ascoltato in videoconferenza perché i ras hanno scelto di essere processati con il rito abbreviato (tranne Pompeo che sarà processato con il rito ordinario). Salvatore Lo Russo era da pochi giorni tornato dalla Costa Azzurra in Francia quando fu arrestato. L’inchiesta fu coordinata sin dal primo momento dai pm antimafia. Il colpo da maestri lo hanno compiuto piazzando le microspie sullo yacht nella disponibilità di Salvatore Lo Russo; alle intercettazioni ambientali si sono aggiunte poi le dichiarazioni dell’ex ras della Sanità Giuseppe Misso “’o chiatto”. Un elemento in più che ha convinto il gip, valutando evidentemente anche in maniera diversa gli indizi già racchiusi nel decreto di fermo del 3 maggio 2007 (che fu annullato dal gip due giorni dopo) e i contributi degli altri pentiti, a emettere un’ordinanza di custodia cautelare. I due Lo Russo e Raffaele Perfetto, dopo le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia sono stati tradotti al regime del carcere duro, quello destinato ai personaggi di spessore che hanno ancora la possibilità di gestire il clan anche da dietro le sbarre.
domenica 5 ottobre 2008
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