È un boss di primissimo piano della camorra della periferia est della città. È stato condannato all’ergastolo per un omicidio ma all’inizio dell’anno aveva ottenuto gli arresti in una clinica romana per motivi di salute. Da lì, però, Antonio De Luca Bossa ”’o sicco” (nella foto) continuava a dare ordini ai suoi fedelissimi, tra cui c’era Raffaele Romano ”Lellè”, arrestato ad ottobre per una tentata estorsione al ”Ristorante dei Pini” di Cercola. Proprio partendo da quell’arresto i carabinieri arrivarono al padrino in clinica e il 24 aprile scorso lo arrestarono. Dalla sua stanza di lusso nella clinica ”Villa Lauricella” il padrino aveva continuato a governare la sua cosca. E non si era accorto che gli investigatori dell’Arma da un po’ di tempo lo stavano tenendo d’occhio. Per “organizzarsi” Antonio De Luca Bossa non ha aveva molto tempo. Prima di approdare alla clinica sulla Prenestina, infatti, era stato ricoverato in un’altra clinica psichiatrica romana dopo che il Tribunale di Parma aveva stabilito che il suo stato di salute non era compatibile con il regime carcerario. Per due mesi da Cercola e da Roma erano partite due “processioni”: Antonio De Luca Bossa riceveva tutti con calma, quasi da degente e non da detenuto. D’altra parte in quel regime, con un ergastolo sul groppone, non poteva frequentare nessuno, men che meno altri pregiudicati. I fatti che hanno portato il boss prima in cella e poi in varie cliniche di cura italiane risalgono al 25 aprile del 1998. Antonio De Luca Bossa, insieme al complice defunto, Giuseppe Mignano detto “Peppe scé scé”, si rese responsabile dell’omicidio di Luigi Amitrano. Mignano venne ammazzato in un agguato di camorra nel 1999.
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