venerdì 15 agosto 2008

Sono latitanti i reggenti del clan dei Casalesi.

Il programma Giirl (Gruppo integrato inter-forze ricerca latitanti) del ministero dell’Interno conta altri due personaggi di primissimo piano del clan dei Casalesi: Antonio Iovine (nella foto a sinistra) e Michele Zagaria (nella foto a destra). Il primo, nato a San Cipriano d’Aversa 43 anni fa, nipote del boss Mario Iovine, ucciso a Cascais nel 1991, è ricercato da 12 anni per mafia, racket ed omicidio: è considerato dagli inquirenti il cervello dell’ala militare dei Casalesi, dopo la decennale detenzione di Francesco Bidognetti e Francesco Schiavone. Sembra che nel settembre 2007 sia stato fermato e rilasciato, durante un controllo in piazza di Spagna, a Roma, da una pattuglia delle forze dell’ordine che non lo ha riconosciuto. Il secondo, invece, è ricercato da 13 anni per associazione mafiosa, rapina, omicidio ed estorsione: il suo clan rappresenta il cuore economico del network criminale. Lui è il boss-manager capace di allacciare rapporti e solide alleanze finanziarie con i circuiti politici e imprenditoriali puliti non solo in Campania, ma in mezz’Italia. Per entrambi sono state diramate le ricerche in campo internazionale, ma finora i sismografi dell’Antimafia ne hanno segnalato la presenza - seppur impercettibile - in Italia e in provincia di Caserta. Il network criminale di Casal di Principe spazia dal narcotraffico internazionale, alla gestione del ciclo dei rifiuti, all’industria alimentare (sia nella produzione che nella distribuzione di prodotti lattiero-caseari), al racket, all’edilizia (movimento terra, cementifici e grandi appalti) fino ai videopoker e alle scommesse clandestine: un giro d’affari enorme, che spesso non riesce a trovare adeguati sistemi di riciclaggio. Le indagini della Direzione distrettuale antimafia di Napoli hanno permesso di ricostruire, infatti, i flussi finanziari della cosca e gli investimenti effettuati non solo in Campania, ma anche nel resto d’Italia: ne emerge una mappa dettagliatissima, che riporta gli insediamenti economicofinanziari della camorra casertana nel tessuto produttivo nazionale e locale. I capitali mafiosi sono stati dirottati in Lombardia, in Emilia Romagna, nel Lazio e in Umbria, dove è stato accertato grazie ad approfondite indagini che la cosca ha investito in complessi residenziali e commerciali, in catene
alberghiere e in società di import-export. Capita, talvolta, che i soldi siano talmente tanti da rendere necessaria un’azione di ripulitura diversa: l’acquisto di una società di calcio di serie A, come la Lazio, ad esempio. Anche se quest’ultimo filone investigativo lascia aperti ancora tanti scenari, al momento inimmaginabili.

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