martedì 29 luglio 2008

il pentito Maurizio Frenna parla della faida del rione Sanità

Ucciso per aver detto una bugia al boss Giuseppe Misso “’o nasone”. Aveva raccontato di aver subito minacce da parte del clan avversario, ovvero Tolomeli-Guida-Vastarella. Ma non era vero e così il capoclan della Sanità ordinò il suo omicidio per «non fare brutta figura con Salvatore Torino ». È uno degli episodi delittuosi compiuti durante la faida della Sanità e di cui parla il pentito Maurizio Frenna nel corso di un interrogatorio ai pm della Dda. Il racconto del collaboratore di giustizia rivela un particolare inquietante della guerra che in pochi mesi fece moltissimi morti. Ecco il racconto: «Questo Enzo (Vincenzo Grieco, ndr) aveva avuto un litigio per futili motivi con tale Della Corte, che era una persona della Sanità che però stava vicino ai Tolomelli- Guida-Vastarella. Enzo mi spiegò che il Della Corte lo aveva minacciato dicendogli “s’adda girà a bandiera”, con ciò facendo riferimento al fatto che prima o poi i nostri avversari avrebbero, a suo avvisot, preso il sopravvento su di noi del clan Misso. Io riferii l’episodio a Missi Giuseppe, capoclan, il quale decise quale ritorsione di “accappottare” il Della Corte. Avuto l’ordine, subito partimmo io e Emiliano Zapata Misso per cercare il Della Corte per ammazzarlo. Io ed Emiliano, che guidava, partimmo a bordo di una motocicletta che tenevamo parcheggiata e che ci veniva custodita da Cuomo Giovanni. Senonchè il Della Corte sfuggì all’agguato (fui io stesso a sparargli, ma non riuscì a colpirlo, ovvero lo colpì forse solo di striscio), ed andò a parlare con Beninato Ciro, che era il suocero del figlio del “gassusaro”, Torino Salvatore detto “totoriello”. Il Beninato si venne ad informare del perchè aveva sparato a Della Corte. Io inizialmente “portai negativo”, nel senso che non gli dissi niente. Poi, avuta l’autorizzazione del Missi, gli raccontai dell’episodio per come ce ne aveva riferito Enzo. Senonchè, il Della Corte negò di aver mai pronunciato quella frase». A quel punto fu organizzata la missione punitiva contro il ragazzo. Continua, infatti, il racconto di Frenna: «Missi, per non fare brutta figura con il “gassusaro”, che all’epoca si era da poco unito a noi provenendo da Secondigliano, diede l’ordine di uccidere il predetto Enzo. Questa persona non aveva niente a che fare con la camorra. Dopo un paio di giorni che il Missi ci aveva dato l’ordine di procedere con l’omicidio, partimmo io ed Emiliano Zapata Misso con la stessa motocicletta, che avevamo già utilizzato per il fallito agguato a Della Corte. Preciso che io guidavo la moto e Misso era armato con una pistola automatica 9x21». Il commando entrò in azione intorno alle nove di sera. Il bersaglio si trovava «in mezzo ai Vergini, che è una via abbastanza grande della Sanità. Il Vincenzo stava insieme ad altri ragazzi. Il Misso scese dalla moto e sparò tre o quattro botte all’indirizzo della vittima». Una vera e propria esecuzione. Dopo l’agguato Misso risalì sulla motocicletta e fuggirono per via Arena della Sanità fino a raggiungere via San Severo a Capodimonte. «Avremmo dovuto trovare il Cuomo che ci doveva aiutare a bruciare la motocicletta, ma giunti lì non lo trovammo. Emiliano subito fuggì in direzione della casa di mia madre. Io rimasi da solo e cercai di bruciare la motocicletta con la stessa benzina del serbatoio, senza però riuscire nell’intento, e poi mi diedi alla fuga anche io. Nel vicolo incontrammo il Cuomo, al quale Zapata consegnò la pistola utilizzata per l’omicidio. Preciso che in occasione dell’omicidio io non indossavo i guanti. Un paio di giorni dopo fui prelevato dai carabinieri della caserma Pastrengo».

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