martedì 29 luglio 2008

L'omicidio di Vito Lo Monaco raccontato dal boss pentito Giuseppe Misso

«I killer uscirono allo scoperto in una piazzola buia sulla tangenziale e spararono contro Vito Lo Monaco e l’altra persona, Giacobelli. Erano Eduardo Contini, Costantino Sarno e “Nanuzzo” Bocchetti”. Era il 12 marzo scorso quando Giuseppe Misso “o’ nasone” (all’anagrafe Giuseppe Missi, come viene chiamato dagli inquirenti) ha raccontato la sua verità sull’omicidio di Vito Lo Monaco, killer di sua fiducia attirato in trappola il 14 marzo 1992. Per quel delitto (alla base della vendetta contro Salvatore Esposito “Cavolfiore”, episodio per il quale è indagato in stato d’arresto Vincenzo Pirozzi “o’ picuozzo”) il boss della Sanità oggi pentito tira in ballo tre pezzi da novanta dell’”Alleanza di Secondigliano”: Contini, Sarno e Bocchetti. Ecco le dichiarazioni del collaboratore di giustizia sulla vicenda, fermo restando che le persone tirate in ballo devono essere ritenute estranee ai fatti narrati fino a prova contraria. «Per le informazioni che ho raccolto nel corso degli anni, la Cupola di Secondigliano aveva ideato una sottile strategia che prevedeva l’annientamento del clan Misso perché noi non avevamo voluto aderire al loro disegno espansionistico. A questa strategia devono essere ricondotti, in ordine di tempo, l’omicidio del mio compagno Tonino Criscuolo, ucciso per mano di Peppe “o’ ciuccop”, quello di Vito Lo Monaco e infine l’agguato nel quale morirono mia moglie e Alfonso Galeotta. Ho appreso che tutte le varie informazioni sul conto delle persone uccise sono state ad Eduardo Contini da Pasquale Cappuccio. Quando parlo di questi tre episodi mi riferisco a una responsabilità anche di Bosti, Mallardo, Costantino Sarno e Licciardi”» Giuseppe Misso (o Missi) il 12 marzo scorso ha parlato anche dell’organizzazione dell’agguato a Vito Lo Monaco, un rapinatore d’alto livello di origini siciliane che si era legato molto al boss del rione Sanità. Per questo non si fidava di nessuno e per sorprenderlo, secondo il racconto del collaboratore di giustizia, c’era un solo sistema: farlo avvicinare da suoi ex complici nell’assalto a banche e portavalori. «Anni dopo seppi che la Cupola di Secondigliano che era stato proprio Pasquale Cappuccio a mettere in contatto Salvatore Esposito “cavolfiore” (poi ucciso dal clan Misso per vendetta, il 23 ottobre 1999) e “o’ francese” con Contini e la Cupola. Era stato quindi organizzato un piano per sorprendere e portare in trappola Vito Lo Monaco, che altrimenti non sarebbe stato possibile ammazzare. Così “Cavolfiore” e “O’ francese”, che avevano commesso molti colpi con Lo Monaco, lo portarono sulla tangenziale insieme con l’altra persona che lei mi dice si chiamava Giacobetti. Si erano fermati lungo il tragitto in una piazzola buia e così erano usciti allo scoperto i killer che spararono alle due vittime: ovvero, in prima persona, lo stesso Eduardo Contini insieme a Costantino Sarno, “Nanuzzo” Bocchetti. Dunque, quando sono uscito dal carcere, nell’aprile 1999 trovando ospitalità presso l’abitazione di mio fratello Umberto, immediatamente ho iniziato a discutere anzitutto con Salvatore Savarese circa il fatto che bisognava pianificare e portare al più presto a compimento almeno tre omicidi: di Salvatore Esposito “cavolfiore”, di Pasquale Cappuccio e quello di Mario Ferraiolo per le ragioni che ho esposto nel precedente interrogatorio».

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